Assassin's Creed III vs Far Cry 3: storia al servizio del gameplay o viceversa?

Assassin's Creed III vs Far Cry 3: storia al servizio del gameplay o viceversa?

I due titoli di Ubisoft Montreal recentemente rilasciati hanno un approccio sostanzialmente opposto all'annoso problema dei videogiochi, ovvero inserire la storia all'interno delle meccaniche di gioco e fare in modo che questa operazione sia fluida e digeribile dal giocatore.

di pubblicato il nel canale Videogames
UbisoftAssassin's CreedFar Cry
 

Mi è venuto in mente di scrivere questo editoriale durante i miei test per l'analisi tecnica di Assassin's Creed III. A mio modo di vedere le cose, il nuovo capitolo della serie platforming/stealth di Ubisoft Montreal ha una struttura narrativa deficitaria e inutilmente contorta, che si sposa a un gameplay approssimativo e poco coinvolgente. Di gameplay ho parlato nell'articolo in questione, e soprattutto nel videoarticolo allegato, e ne ha parlato Stefano nella recensione di Assassin's Creed III, quindi in questo pezzo voglio concentrarmi sulla struttura narrativa.

Assassin's Creed III

Ubisoft Montreal ha voluto inserire diversi particolari, sorretti da filoni narrativi univoci, al fine di avere un inizio di avventura con molti colpi di scena. Il suo obiettivo è quello di "accompagnare" il giocatore durante le complicate fasi della formazione degli Stati Uniti d'America, e di fargli toccare con mano vittorie e sconfitte dei ribelli, ovvero di quella formazione nata dall'alleanza tra nativi e occidentali stanchi di servire la madrepatria inglese.

Tutto nobile fin qui, ci mancherebbe. Ciò che non convince è l'impiego di tanti punti di vista differenti. Nelle prime battute ad Assassin's Creed III, infatti, si assume il controllo di tre personaggi differenti in poche ore di gioco.

Sappiamo che i videogiochi di oggi vogliono riprendere alcuni stilemi del mondo del cinema, con particolare riferimento al cinema di Hollywood. Lo fa anche Assassin's Creed III, e ciò vale per il tipo di rapporto tra i personaggi e le inquadrature, per il modo in cui viene prodotta emozionalità nel giocatore, per la presenza dei colpi di scena, per l'uso della musica, e così via. Ciò che non vediamo al cinema è un così rapido cambiamento di prospettiva, oltretutto circoscritto a un'unica parte del media di intrattenimento. Ci sono dei film "corali", ma diciamo che fanno del cambiamento di prospettiva un punto determinante, diluito all'intero di tutto il film.

Tale cambiamento di prospettiva non è invece un elemento che contraddistingue Assassin's Creed III, perché è relativo proprio unicamente alla prima parte. Parlando con Stefano, ci siamo scambiati qualche idea sul gioco (lui ha un parere molto più positivo) e durante queste conversazioni abbiamo spesso utilizzato il termine "stabilizzare". Insomma, andando avanti Assassin's Creed III si stabilizza. Cosa succede allora in quella prima parte?

In un videogioco non puoi cambiare troppo velocemente prospettiva senza modificare il mondo che sta attorno al personaggio protagonista, gli altri personaggi con cui interagisce e la stessa storia. Questo spiazza il giocatore, che si ritrova ad avere a che fare con un tipo di ingresso nello scenario della Rivoluzione Americana troppo lento, e con contunue ripetizioni. Ricordate la scena di C'era una volta il West in cui la protagonista fa l'ingresso nel suo West? Penso che sia la miglior scena nell'intera storia del cinema "di ingresso in un mondo". Ebbene in Assassin's Creed III il giocatore ha quella sensazione almeno due volte, il che genera ripetitività.

Inoltre, deve apprendere abilità e modo di interagire con il mondo due, se non tre volte. Con peculiarità che poi non si ripeteranno nel corso del gioco: alcune abilità, insomma, sono limitate a questa contorta fase iniziale. Tutto ciò finisce per rendere il gameplay troppo frastagliato, svilendo la sua profondità, la capacità di interazione con il mondo e, infine, facendo perdere identità al gameplay stesso. Assassin's Creed III, in quella prima parte, insomma, sembra quasi un party game per Nintendo Wii, in cui a ogni mini-gioco devi imparare un tipo di interazione diverso.

Ciò favorisce effettivamente la varietà nel gameplay e coinvolge ulteriormente il giocatore? Per quelle che sono state le mie sensazioni durante l'avvio della storia di Assassin's Creed III la risposta è no. Voglio dire: anche Skyrim intende raggiungere alcuni obiettivi di Assassin's Creed III in termini di profondità dell'interazione con il mondo di gioco e di libertà concessa al giocatore. Ma il gameplay è sempre unico: il giocatore ha sempre a che fare con armi e magia, non deve raccogliere e buttare casse in acqua, non deve padroneggiare i cannoni di una nave, non deve arrampicarsi sui tetti e non deve piombare alle spalle delle guardie (oltretutto regolate da un'intelligenza artificiale che dire precaria è dir poco).

Insomma, creare uno spezzatino così vario e oltretutto su un numero così basso di ore di gioco secondo me compromette il ritmo e rende difficoltosa l'immersione del giocatore all'interno della storia. E non parlo ovviamente della qualità della storia, ma specificamente del modo in cui è raccontata. Se in un film dovessi seguire tanti personaggi diversi in una prima fase, mentre successivamente quest'alternanza venisse a mancare, direi che c'è qualche problema a livello di montaggio, e questo chiaramente influirebbe sullo stesso ritmo della narrazione. I videogiochi di oggi sono ormai troppo simili a film per non sottolineare un difetto del genere in Assassin's Creed III.

Ubisoft Montreal ha pensato a questa struttura per inserire tutta una serie di colpi di scena, oltre che per introdurre il giocatore alle vicende della Rivoluzione Americana. Ma il distacco che si verifica tra prima e seconda parte in Assassin's Creed III è troppo netto, e il giocatore è spiazzato, sia come narrazione che come gameplay, per via della presenza di due modi di raccontare le cose troppo diversi tra loro.

Far Cry 3

Possiamo dire, dunque, che il gameplay in Assassin's Creed III è completamente, o quasi, al servizio della storia. È il contrario, invece, in Far Cry 3. La storia, qui, è pensata, strutturata e portata avanti con l'idea finale di rendere il gameplay avvincente e sempre profondo. Si tratta proprio di una storia che sin dall'inizio si sposa bene con l'esigenza di far esplorare al giocatore un grande mondo aperto. E si sposa bene anche con l'esigenza di rivelare al giocatore progressivamente i personaggi con cui avrà a che fare e per consentirgli di interagire, man mano che va avanti, in maniera sempre più efficiente, facendogli percepire la progressione del personaggio.

Il giocatore, nei panni di un ragazzo che si chiama Jason Brody, deve ritrovare i suoi amici, e la narrazione del gioco è scandita in modo da rendere ogni ritrovamento da una parte emozionale, ma dall'altra utile per il proseguimento della narrazione. Quando trova la prima ragazza della comitiva, Daisy, ad esempio, è proprio lo sguardo di lei che lo invoglia a proseguire, a diventare ancora più feroce per affrontare in maniera sempre più proficua la terribile Rook Island.

Dei punti catartici, quindi, attirano l'attenzione all'interno del flusso narrativo, e creano nuovi spunti per continuare e per proseguire nell'esplorazione all'interno di un mondo libero, con il quale si può interagire come si vuole. Non ci sono modifiche al gameplay: è il giocatore che liberamente stabilisce come interagire, il che rende il tutto sempre coinvolgente e immersivo.

Far cry 3, poi, è emozionalità e coinvolgimento in prima persona. Da questo tipo di prospettiva viene raccontata l'intera storia, e questo incide su ritmi, stilemi narrativi, modo di interazione con il mondo e rapporto con le vicende e i personaggi, il che fa diventare proprio le espressioni facciali dei volti protagoniste, o perlomeno, co-protagoniste dell'intera produzione Ubisoft Montreal, come abbiamo visto anche in sede di recensione. E il tutto rafforza ancora una volta il concetto di storia messa a disposizione del coinvolgimento nel mondo di gioco e di esplorazione del mondo stesso.

"La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità", si legge in alice nel paese delle meraviglie, a cui Far Cry 3 vuole fare riferimento. E qui, nel videogioco, la normalità diventa la violenza. Cosa sei disposto a fare per proteggere chi ti vuole bene? Qual è il limite? Fin dove è "giusto" arrivare pur di raggiungere un obiettivo condivisibile?

E il personaggio di Citra incarna tutto questo. Per tanto tempo ha dovuto combattere per proteggere ciò che lei ha considerato razionale, ma probabilmente in questo processo ha perso qualcosa e, ormai, per lei, come per la sua gente, si è perso il confine tra violenza e non violenza.

La cosa ancora più particolare è che si Assassin's Creed III che Far Cry 3 sono stati sviluppati nello stesso posto, Ubisoft Montreal. Non so bene come è organizzata la sede di sviluppo principale di Ubisoft: quasi sicuramente è composta da gruppi che lavorano in maniera distaccata tra di loro, al più scambiandosi informazioni e dettagli solo sul piano tecnico (per quanto i due giochi siano sviluppati anche su motori grafici diversi). Fatto sta che Assassin's Creed III e Far Cry 3 hanno approcci al problema storia/gameplay diversi, praticamente opposti.

Ed è proprio il modo di affrontare la storia che decreta il successo e il fallimento dell'uno e dell'altro, a mio modo di vedere le cose. In Assassin's Creed III c'è troppa ansia di raccontare, con il risultato che si finisce per svilire la stessa storia, e renderla troppo frammentaria. In Far Cry 3, invece, la storia diventa interessante perché è costruita in modo da sorreggere un grande gameplay.

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7 Commenti
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sertopica21 Dicembre 2012, 12:09 #1
Bell'articolo, soprattutto la parte relativa ad AC III che condivido; per quanto riguarda Far Cry 3 tuttavia, l'obiettivo che si erano posti sul lato della narrazione, va a cozzare con la reale esperienza di gioco: in poche parole Jason diventa un supersoldato nell'arco di due missioni e l'impatto emotivo che dovrebbero suscitare certi eventi è smorzato e ridotto all'osso; non si va avanti per vedere chi sarà il prossimo ad essere salvato, se vi sarà un approfondimento delle relazioni fra il protagonista ed i comprimari, ma fondamentalmente si progredisce per continuare ad uccidere, scuoiare bestie e svuotare forzieri. Questo a mio avviso è un grave difetto, in quanto a giudicare dai vecchi trailer FC 3 doveva possedere ben altri punti di forza. Non so se è voluto ma mi sembra che tutta la trama sia una grande parodia delle produzioni hollywoodiane, mal riuscita però, perché non riesce incisivamente a coinvolgere il giocatore.
55AMG21 Dicembre 2012, 14:09 #2
Bella spiegazione Sertopica.
Giè ero indeciso se prenderlo o meno, ma ora aspetterò ancora con più calma che cali di prezzo e sia in offerta
Per quanto riguarda AC3, sto cercando di finire i primi due capitoli per poi prenderlo.
sertopica21 Dicembre 2012, 14:17 #3
Grazie
Leggiti anche questa intervista al lead writer di Far Cry 3, se mastichi bene l'inglese: http://www.rockpapershotgun.com/201...ure-and-satire/

stelestele21 Dicembre 2012, 22:27 #4
Quando si parla di 'intelligenza artificiale precaria e approssimata' in ac a me subito vengono in mente:
[LIST]
[*]L'attacco non simultaneo di un gruppo di nemici che circonda l'eroe nelle fasi action
[*]L'angolo di visuale ristretto dei nemici nelle fasi stealth
[/LIST]
Il primo parametro renderebbe i combattimenti poco realistici/credibili e 'troppo facili' non obbligando cosi' il giocatore ad assumere un approccio stealth che comunque, anche se scelto, risulta troppo semplice e 'svilito' a causa del secondo parametro.

Secondo me non si tratta di strafalcioni, errori grossolani o mancanze nello sviluppo ma di precise scelte di design, ripetite e confermate nella serie: dal punto di vista tecnico cambiare quei parametri credo sia questione di una manaciata di codice. Anche se vogliamo allargare la questione ad altri parametri si tratterebbe comunque di investimenti tollerabilissimi rispetto ai numeri della produzione.

No, si e' scelto deliberatamente di fare cosi', di rendere gli scontri facili in modo da abbassare il livello di sfida (garantito comunque dalla sincronizzazione introdotta da brotherhood in la'), scongiurare il rischio di frustrazione e di abbandondo prematuro che si e' visto nelle statistiche essere elevatissimo, e al contrario incentivare la fruizione completa del prodotto. Si e' scelto di investire su una 'intelligenza artificiale' che 'muova i personaggi in modo sempre diverso a seconda dello scenario con cui interagiscono delle condizioni e delle azioni che stanno compiendo tramite animazioni spettacolari e fedeli'. Non e' forse questa ia? Se passa questo punto di vista di ia, dove sta' la precarieta' e l'approssimazione?

Molto simile la questione del gameplay 'frastagliato, incoerente, approssimato, poco profondo, poco coinvolgente e privo di identita'. A me sembra che lo sforzo continuo e reiterato che si avverte nello sviluppo della serie sia propio quello di evitare che si affermino 'meccaniche di base predominanti' che si 'ripetono troppo spesso nel corso del gioco' e arrivino ad annoiare il giocatore minandone il coinvolgimento. Le citate meccaniche:
[LIST]
[*]platform
[*]stealth
[*]combattimenti
[/LIST]
sono state nel corse della serie miscelate in misura diversa. Vi ricordate le lunghe (per me bellissime) fasi platform del secondo episodio poi ridimensionate nei successivi e inesistenti nel primo? La componente gestionale (forse poco bilanciata) introdotta sempre dal secondo. Il simile meccanismo della gestione dalla 'fratellanza' in botherhood e revelations. L'infelice esperimento delle meccaniche tower defence in quest'ultimo. Le battaglie navali nell'ultimo...

Ogni meccanismo, preso singolarmente forse non regge al confrontato con giochi che ne verticalizzano e ne approfondiscono gli aspetti singoli e ne fanno la loro unica mission. Comunque a me le fasi platform del 2 hanno ricordato molto tomb rider e il tanto bistrattato combattimento a me ricorda moltissimo il pluriapprezzatisssimo gameplay di batman (la non simultaneita' degli attacchi nemici, il contrattacco, la molteplicita' di gadget/armi a disposizione...)! Molte delle critiche fatte alla commistione di generi fatte ad ac non potrebbe essere pari pari mossa alla serie sly (simil 'stealth' compreso)?

L'evidente sforzo di sviluppo e' quello di arrivare ad un gameplay che sia cross-genere: il coinvolgimento del giocatore e' quindi piu' ambiziosamente ricercato tramite un gameplay 'cangiante' che 'garantisca varieta' e 'consenta una interazione sempre peculiare con il mondo' in sinergia con la storia in modo da valorizzarsi a vicenda. Ci sono sempre riusciti? Sicuramente no! ma non e' forse propio in questo tentativo da ricercarsi l'identita' del gameplay della serie AC?

Forse queste scelte, queste caratteristiche di AC, ne costituiscono da una parte la debolezza condannata senza appello da parte di critici e commenti sui siti specializzati, e dall'altra ne sono propio la forza che ha decretato il successo nella stragrande maggioranza degli utenti finali che lo hanno comprato e apprezzato.
alfdib22 Dicembre 2012, 00:46 #5
L'articolo di Rosario Grazzo è perfetto nell'analisi su AC3. Complimenti Rosario.. avrei scritto easattamente le stesse cose.
Sono un fan della serie di AC ( alla vneranda età di 42 anni eh!) ma il gameplay di AC3 è a dir poco irritante...
Sono tanti minigiochini di basso livello ( comandare 3 plotoni di fucilieri per non far attraversare le giubbe rosse...poi dirigere un cavallo con dietro un francese che ti dice dove andare(???), ammazzare uno in modalità stealth per rubargli i vestiti...etc..etc..) tutte mini missioni per principianti se vuoi seguire la storia portante...
il vero gioco è infatti il racconto della guerra americana c0n lunghe fasi alla film (dove tu stai solo a guardare) itnervallate da tutte questi giochettini...
ok, puoi fare le quest secondarie... ma vogliamo mettere il gameplay infilato nella narrativa principale dei primi AC?
Sono rimasto motlo deluso, non dalla grafica o giocabilità, ma proprio dalla struttra portante di questo gioco... se fossero rimasti sul classico sarebbe stato un gioco molto più affascinante.
Un'ultima considerazione, puramente personale: le locations sono molto avvilenti per chi ha fatto i precedenti capitoli...vogliamo mettere la toscana rinascimentale o la roma del 1500 o la venezia o istanbul e tutti i loro magnifici palazzi e strade... comparate (qui in AC3) con delle case di legno in mezzo alla campagna della boston e new york del 1700....???
Capisco dare soddisfazione agli americani...ma dopo aver mangiato il caviale, darci lo strutto, corri il rischio che ci rimane indigesto...
Lanfi23 Dicembre 2012, 15:51 #6
Il titolo dell'articolo pecca di un eccesso di s !
stelestele06 Marzo 2014, 19:12 #7
Commento per la seconda volta questo editoriale perchè da parte mia è cambiato qualcosa... ho giocato entrambi i giochi!

Il mio precedente commento prendeva le difese del gameplay della serie di AC in generale. In particolare difendevo la scelta degli sviluppatori di tenere basso il livello di sfida non aumentando la consapevolezza dei nemici nelle fasi stealth e impedendo agli stessi di attaccare in massa il protagonista. Mi è capitato di tornare su queste tematiche anche in altri miei commenti fatti sotto ai sempre molto stimolanti editoriali di Rosario ( es. qui e qui). Anche adesso ritengo la valutazione sulla ia in genere e in particolare quella di ac e le critiche feroci che questa serie ha ricevuto sul combact system, un pò esagerate e non sempre condivisibili... ma in questo editoriale si parla d'altro e a me il tema principale era sfuggito in quanto ho giocato i due giochi solo dopo l'uscita nel plus e quindi dopo la lettura dell'articolo.

Prima di giocare i due giochi avevo un forte pre-giudizio positivo nei confronti di AC e uno speculare forte pre-giudizio negativo nei confronti di FC3. Ho subito giocato al primo e le grandi aspettative sono rimaste via via deluse nel corso del gioco fino arrivare alle fasi finali di controvoglia, non vedevo l'ora di finire. Ho esitato parecchio a giocare a FC3 perchè non mi piace la visuale in prima persona e non sono attratto dagli sparatutto... poi l'immagina di Vaas levava gli ultimi dubbi, e non ce ne erano. Un gioco a cui non avrei dato nemmeno una chance senza editoriali come questo. L'ho iniziato solo per venire qui e scrivere che faceva schifo (magari argomentando). Mi ha preso moltissimo e anche dopo averlo finito mi ritrovo a lanciarlo per conquistare un'ultimo avamposto (e ne rimagono molto pochi) o per fare quella missione secondaria o quella battuta di caccia o.... Raramente un opneworld mi ha preso come questo gioco e assolutamente il primo fps che mi cattura. Una grande sorpresa che fà da contrappeso alla grande delusione di AC3.

L'editoriale riesce molto bene spiegare i motivi di queste mie emozioni. Ritengo la chiave di lettura proposta di relazione tra gameplay e trama molto pertinente nel confronto e credo che colga il punto cruciale del fallimento di AC3 e di riuscita di FC3. Il problemi di trama e una ambientazione anche per me meno affascinante hanno molto diminuito il mio coinvolgimento sul primo. Per i primi 2/3 del gioco ho cercato di tenerlo alto ottenendo per la prima volta per me il 100% di sincronia dalle varie missioni della storyline principale. Devo dire che in parte la strategia è riuscita ma poi non è stato sufficiente e l'ho finito sforzandomi di farlo.
Sono invece rimasto molto colpito dal modo in cui fc3 mi ha avviluppato nelle sue dinamiche: per fronteggiare adeguatamente dei nemici che riuscivano a mettermi in seria difficoltà ho cercato fin da subito di aumentare la capacità delle varie borse e questo mi ha portato subito ad apprezzare molto le battute di caccia che mi hanno anch'esse tenuto in una giusta dose di tensione. Mi sono davvero divertito a studiare gli avanposti e decidere la strategia per non far suonare l'allarme. Ho poi apprezzato molto anche le missioni della storia principale, varie e ben progettate. Mi sono sentito 'IndianaJeson' in quelle del pugnale e ho veramente sentito la forza nel gameplay delle varie abilità acquisite nel corso dell'avventura, e le conseguenze che questa forza portava nella trama in una piena e credibile sinergia tra le due componenti.

Complimenti a Ubisoft che è riuscita a realizzare un gioco con equilibri e rafforzamenti reciproci per me inediti e a Rosario che, non solo ha contribuito con la forza della sua analisi a vincere i miei pregiudizi di genere e a farmi apprezzare un bellisimo gioco, ma anche a cogliere una chiave di lettura molto efficacie che come un coltello affilato mi ha reso maggiormente consapevole delle ragioni profonde delle mie preferenze.

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