Dai PC agli smartphone, dagli smartphone alla realtà aumentata

Dai PC agli smartphone, dagli smartphone alla realtà aumentata

Dopo l'annuncio di Google Glass si è iniziato insistentemente a parlare di realtà aumentata e di computer indossabili. Google non è l'unica azienda che sta puntando fortemente sulle nuove tecnologie. Ma sono effettivamente utili? Quanto dovremo aspettare e quali sono le implicazioni in ambito videoludico?

di pubblicato il nel canale Videogames
Google
 

Non dimenticherò mai il Qtek 9000. È stato il mio primo smartphone. Decisi di comprarlo in un momento in cui la tecnologia non era ancora effettivamente matura e in una fase in cui le soluzioni di questo tipo non avevano guadagnato la popolarità che oggi è evidente a tutti. Nonostante il Qtek 9000 non fosse un dispositivo ottimizzato e perfettamente funzionale (oltretutto basato sull'ingestibile Windows Mobile 5, con interazioni che avvenivano tramite pennino), sentivo la necessità di spostarmi su qualcosa di più multimediale, che consentisse di fare più cose rispetto a un normale cellulare. Benché i miei conoscenti lo definissero "mattone", ero contento di possedere uno strumento così all'avanguardia.

Google Glass

Google Glass

È un tipo di esigenza che comincio a sentire anche in questo periodo, ovvero il bisogno di un ulteriore passo in avanti in senso tecnologico. Mi piacerebbe, insomma, avere a che fare quotidianamente con della tecnologia di realtà aumentata, che possa consentirmi di interfacciarmi con il mondo informatico senza disporre di terminale fisico. I computer indossabili, così come li definisce Valve, consentirebbero di avere a che fare con la tecnologia in un numero ancora più alto di occasioni rispetto a un tradizionale smartphone, integrando quasi totalmente il mondo virtuale con la realtà.

Negli anni '60 i computer erano molto più grandi di un essere umano, diciamo che lo circondavano. Richiedevano un'intera stanza per essere alloggiati e, naturalmente, espletavano una quantità di calcoli risibile rispetto a oggi. Con il passare del tempo sono diventati sempre più piccoli, fino all'esplosione del mondo dei Personal Computer negli anni '80 e '90. Poi è stata la volta degli smartphone che, sebbene non siano ancora in grado di svolgere un numero di calcoli paragonabile a quello dei PC più performanti, sono sulla strada giusta per raggiungere questo obiettivo.

Ma l'evoluzione della tecnologia sembra andare verso la strada di una continua riduzione delle dimensioni, forse fino alla scomparsa del terminale fisico stesso. L'essere umano torna a essere più grande dell'accessorio che gli consente di avere accesso al mondo tecnologico e, nonostante le ridotte dimensioni, il dispositivo elettronico è in grado di avere una capacità computazionale perlomeno allineata a una buona parte delle soluzioni desktop. Seguendo questo ragionamento, non mi sembra assurdo quindi che il prossimo step siano proprio i computer indossabili per finire magari a qualcosa di ancora più invisibile, in cui la tecnologia è completamente integrata dentro l'essere umano.

Secondo me, dunque, le soluzioni come Google Glass apriranno opportunità notevoli di mercato per i principali attori del mondo tecnologico. Ne è prova il fatto che praticamente tutti i grandi produttori hanno già avviato la ricerca in questo settore e, benché non ci siano in molti casi annunci ufficiali, i vari prototipi siano già in un avanzato stadio dello sviluppo. Google Glass infatti non sono assolutamente l'unica soluzione di realtà aumentata che è attualmente in fase di studio e di progettazione.

È stato scovato infatti un brevetto depositato da Apple che definisce un display applicato sul capo come "un dispositivo indossabile da una persona che consente di ottenere informazioni visuali proiettate davanti ai suoi occhi". In passato inoltre si era parlato di contatti tra la stessa Apple e Valve, che non ha fatto mistero di essere al lavoro su prototipi di realtà aumentata e computer indossabili.

Google Glass

Brevetto Apple

Ma prima di Google e di Apple era scesa in campo Sony, anche se la sua soluzione è leggermente diversa, e imperniata principalmente sulla realtà virtuale, facendo pienamente parte del mondo dei videogiochi. La nuova tecnologia di gaming in realtà virtuale di Sony prevede due schermi OLED, uno per ogni occhio, capaci di riprodurre immagini in 3D stereoscopico. In quel caso non si è parlato di mobilità ma ci sono state più accortezze riguardo al problema dell'interfacciamento, critico per il mondo videoludico. Sony ha infatti pensato a un sistema di tracciamento dei movimenti della testa, in modo da garantire una più approfondita esperienza di realtà virtuale.

Sony

Realtà virtuale da Sony

È un incrocio tra le due soluzioni, invece, Project Fortaleza, ovvero la proposta Microsoft in fatto di realtà virtuale. Anche in questo caso si parla di approfondita capacità di interazione con i videogiochi, sfruttando il sistema di interfacciamento offerto da Kinect, però congiuntamente alla capacità di trasportare il dispositivo e utilizzarlo quindi anche al di fuori delle mura domestiche. È chiaro che, come vedremo meglio tra un attimo, continuare a giocare in assenza di connessione diretta (penso alle connessioni di tipo Bluetooth o Wi-Fi) è soggetto a differenti limitazioni.

Microsoft Fortaleza

Microsoft Fortaleza

Ma se Google, Apple, Microsoft e Sony sono competitor storici nel mondo della tecnologia, sembra che la realtà aumentata interessi anche a produttori minori, il che potrebbe essere un ulteriore segnale della sua ampia diffusione nei prossimi anni. Secondo indiscrezioni non confermate ufficialmente, infatti, anche Olympus starebbe pensando a una soluzione con caratteristiche simili a Google Glass. La proposta del colosso giapponese prende il nome di MEG4.0 e sembra essere in grado di renderizzare le immagini alla risoluzione nativa di 320x240 pixel.

Olympus MEG4.0

Olympus MEG4.0

Quest'ultimo dato è un po' preoccupante e probabilmente evidenzia lo stato di prototipi in cui questi dispositivi si trovano in questa fase. Per un videogioco questa risoluzione, infatti, è semplicemente troppo piccola, e porterebbe a giocare con pixel molto grossi e immagini eccessivamente scalettate. D'altronde, sempre secondo rumor, l'hardware della soluzione Olympus peserebbe solamente 30 grammi e, chiaramente, questo impedirebbe di inserire componentistica voluminosa, che però è indispensabile per avere un dispositivo competitivo sul piano della capacità computazionale. Insomma, sembra che, perché una soluzione del genere possa avere senso anche in ambito videoludico, i calcoli non debbano essere assegnati solo al dispositivo locale.

Un altro problema che hanno dovuto aggirare gli scienziati che si occupano di realtà aumentata e proiezione di immagini di fronte agli occhi degli utenti riguarda la messa a fuoco. Se ad esempio l'occhio sta guardando un oggetto distante non potrà allo stesso tempo mettere a fuoco il testo che si trova a pochi centimetri. La messa a fuoco del minischermo di cui è dotata ad esempio la soluzione di Google quindi deve essere posta all'infinito attraverso una lente posta sul proiettore. Continueranno ad esserci delle difficoltà con la messa a fuoco degli oggetti reali particolarmente vicini all'osservatore, più o meno a una distanza inferiore di un metro. Inoltre, bisognerà configurare in maniera specifica la messa a fuoco in funzione delle caratteristiche dei propri occhi (per esempio i miopi non riuscirebbero a mettere a fuoco l'immagine perché troppo lontana, ma comunque potranno continuare a usare i loro consueti occhiali da vista).

Google non ha usato la parola videogiochi quando ha parlato di Google Glass. Sembra che i videogiochi, esattamente come è successo con iPhone, siano esclusi nella fase di genesi del nuovo dispositivo. Sappiamo bene, però, come buona parte del successo degli smartphone Apple sia "merito" del mondo videoludico. Steve Jobs non usò addirittura la parola "app" durante la prima presentazione dell'iPhone, ma App Store è l'anima che sta alla base del successo del mondo mobile inteso in senso generale. Insomma, cara Google, con questi occhiali vogliamo pure giocarci.

Ma per giocare bisogna risolvere due limiti principali. Innanzitutto, come dicevamo, il problema della capacità di elaborazione. In questi ultimi giorni, con l'acqusizione di Gaikai da parte di Sony, si parla moltissimo di cloud gaming. In alcuni momenti vien da pensare che in futuro non avremo più bisogno di hardware locale, ma che tutti i calcoli vengano processati da remoto. Può il cloud gaming essere abbinato ai dispositivi di realtà aumentata come Google Glass?

In presenza di connessioni a internet avanzate come le reti 4G la risposta alla domanda è si. Mi piace pensare a un futuro in cui sarà possibile giocare semplicemente attraverso le soluzioni di realtà aumentata senza mettere le mani su alcun dispositivo fisico. Il giocatore avrebbe un'esperienza completa, totalmente immersiva, sostanzialmente da realtà virtuale.

Ma il secondo limite, non risolto con la generazione degli smartphone, è l'interfacciamento. Google parla di controllo tramite il tracciamento degli occhi, ma potrebbe essere troppo limitante per i videogiochi con strutture per hardcore gamer. Stesso discorso vale per il riconoscimento vocale. Certo un Angry Birds potrebbe essere facilmente implementabile in un dispositivo del genere, ma in questo editoriale stiamo parlando di giochi con una certa profondità. Il tracciamento della testa, come nella soluzione Sony, potrebbe costituire un sistema maggiormente adeguato, che oltretutto sottolinea il diverso interesse del produttore nipponico, più orientato verso il gaming, nei confronti di Google.

Si potrebbe pensare anche al controllo tramite gamepad collegato tramite Bluetooth al sistema principale. Oppure, e mi spingo decisamente oltre, al controllo tramite il monitoraggio dell'attività cerebrale e degli impulsi elettrici emessi dal cervello. Ci sono diverse tecnologie di questo tipo già funzionanti a livello prototipale. Ad esempio, è anche possibile penetrare di qualche millimetro nella corteccia e tenere sotto controllo il flusso del sangue, in modo da utilizzarlo come strumento di interazione. Tutte soluzioni che potranno consentire negli anni a venire il controllo di periferiche e di sistemi informatici senza l'impiego delle mani. Le tecnologie di scansione cerebrale, in realtà, sono al vaglio degli scienziati già da diversi anni.

Insomma, diverse strade percorribili e la necessità di andare anche nel mondo dei videogiochi se si vuole ottenere un successo realmente stratificato con la realtà aumentata. Il modo con cui le persone si interfacciano con la tecnologia si è sempre evoluto nel corso degli anni e si evolverà ancora per molto tempo, spingendo le persone ad adattarsi continuamente ai cambiamenti. L'interazione con informazioni, contenuti e videogiochi cambierà molto già a partire da un paio di anni a questa parte. E scusate se mi sono spinto troppo in là nel futuro.

1 Commenti
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elevul18 Luglio 2012, 03:16 #1
Be, oddio, costringere.
Conosco tanta gente che va ancora in giro coi nokia da 10€...

La diffusione degli smart (e in futuro della augmented) è grande, ma non coprirà mai una fascia di maggioranza (50%+) della popolazione...

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